Tra il 16 aprile ed il 14 maggio del 2016 il gruppo NUME, in collaborazione con l’Associazione Culturale Bway e l’Associazione Culturale Alma, ha organizzato una serie di incontri a carattere seminariale mirati alla raccolta e diffusione dei risultati accademici raggiunti da alcuni giovani studiosi italiani nell’ambito della ricerca storica. Titolo dell’evento è stato “I ciclo di studi medievali in Palazzo Biffi Tolomei”. “Primo”, perché NUME si augura che sarà possibile ripetere l’esperienza nel 2017; “studi medievali” perché la serie di conferenze ha affrontato segnatamente tematiche storiche, artistiche, culturali proprie del Medioevo latino europeo; “in Palazzo Biffi Tolomei”, perché la cornice di questo evento è stata la meravigliosa residenza storica fiorentina, edificio voluto da Antonio Taddei e poi ricostruito a partire dal 1644 sotto Neri Tolomei, riccamente decorato dalle opere pittoriche del Manetti e del Nasini e dalla splendida Diana cacciatrice col cane del Baratta che domina il cortile rinascimentale.

Fin da questo primo ciclo di conferenze NUME ha optato per il tema libero, senza costringere i relatori entro binari che avrebbero potuto rivelarsi limitanti. Questo ha permesso di affrontare un complesso eterogeneo di problematiche, che hanno spaziato dall’arte alla diplomatica alla letteratura fino all’archeologia, portando così alla raccolta di dati, informazioni, ipotesi e conclusioni che senza dubbio contribuiscono ad arricchire il panorama degli studi medievistici contemporanei.

Il ciclo si è aperto il 16 aprile con lo studio del dott. Roberto Del Monte (Università deg degli Studi di Firenze) “Pietre che parlano: i graffiti medievali nel castello di Falaise”, un’indagine iconologica su alcune particolari raffigurazioni presenti sui muri di una fortificazione normanna dell’XI secolo. Di fronte ad un repertorio di immagini spesso confuso, l’intervento ha potuto stilare un insieme di categorie specifiche di graffiti, tra cui: immagini a carattere araldico (scudi, insegne), immagini a carattere antropico (soldati, cavalieri, ritratti), immagini di armi, immagini a carattere ludico o devozionale. In particolare il contributo si è appuntato su quelle che sembrano essere semplici scacchiere, e che alcuni studiosi hanno associato all’alquerque, dal quale sarebbe derivato il gioco della dama, e soprattutto alla mérelle o marelles, assimilabile a quello che oggi è il morpion. L’interpretazione ludica di queste figurazioni, soprattutto tenendo conto delle fonti iconografiche (si guardino le miniature del Libro de los juegos, 1251-1283) e del contesto laico, appare credibile, ma è possibile suggerire un’interpretazione di tipo simbolico a partire dagli studi di Charbonneau-Lassay e di De Vries, comparando queste immagini con altre di origine orientale (in particolare, gli schemi dei mandala), e richiamandosi alle fonti scritte del pensiero cristiano. L’incontro a Palazzo Tolomei ha quindi permesso di approfondire il dibattito sull’interpretazione di queste immagini, apportando un chiaro contributo alla conoscenza di queste raffigurazioni.

Il 23 aprile la dottoressa Rita Zaccardelli (Università La Sapienza di Roma) ha messo in luce i processi di creazione dei documenti pubblici in età medievale, una rilettura della metodologia di analisi del documento scritto necessaria allo sviluppo di ulteriori progetti che, in collaborazione con NUME, la dottoressa sta portando avanti, segnatamente lo studio sistematico della produzione di documenti presso la cancelleria vaticana nei secoli IX-XIV e di quella ambrosiana nello stesso periodo.

Il 30 aprile la dottoressa Catherina Cristina De Nino D’Andrea (Università degli Studi di Siena), nell’analisi della dialettica tra elementi sacri e profani all’interno degli edifici religiosi medievali, ha evidenziato alcune particolari categorie, quali lavoro, figura umana, luce, geometria, i cui elementi, posti all’interno del luogo sacro, trascendono il semplice dato oggettivo per ricollocarsi su un piano eminentemente simbolico e spirituale; in particolare la dottoressa ha portato i risultati di uno studio peculiare sulla chiesa di Santa Maria degli Alemanni in Messina (XII-XIII secolo), sul cui apparato scultoreo sono ancora aperte le ipotesi circa le maestranze, lo stile ed i significati sottesi alla lettura d’insieme.

Il 2 maggio il dottor Luigi Tuccillo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia) si è occupato del problema della rappresentazione della scena passionistica nell’arte e nella letteratura bassomedievali. Dalle recenti acquisizioni teoriche di studiosi americani e italiani circa le tecniche mnemoniche di costruzione della scena mentale proprie della retorica monastica e la loro applicazione nell’ambito del racconto passionista nel Medioevo, il dottor Tuccillo ha dimostrato come nell’ambito della letteratura meditativa del maturo Trecento venga applicato, secondo una rinnovata spiritualità, un processo di disposizione di scene e “imagines agentes” all’interno della memoria, volto a comporre una mappa drammaturgica. L’obiettivo è l’identificazione mimetica del meditante, che è poi quel fenomeno alla base del “realismo antispettacolare” proprio del “teatro della misericordia” che fiorirà compiutamente solo alla fine del XIV secolo. L’analisi dei testi e delle immagini (“imagines pietatis”, polittici della Passione) ha sottolineato dunque in che modo colui che medita è chiamato all’azione in prima persona all’interno di una scena che diviene sensibile, tangibile e che è sempre tesa alla perfetta “conformatio” con il Dio crocifisso.

Il 7 maggio la dottoressa Eleonora Rebecchi (Accademia di Belle Arti di Firenze) ha presentato i risultati di una ricerca sui fenomeni culturali del living history e del re-enactment, ossia sui processi di rievocazione e ricostruzione storica, segnatamente di ambito medievistico, propri della contemporaneità, auspicando il riavvicinamento di queste pratiche, spesso amatoriali in Italia, alle indagini proprie dell’archeologia sperimentale, nel resto d’Europa già largamente diffusa. La ricerca ha mostrato i dati relativi alla diffusione del fenomeno in Italia ed una ridefinito con chiarezza le metodologie di ricerca e interpretazione delle fonti, congiuntamente ad una pratica divulgativa che sempre più dovrebbe rientrare nei parametri della didattica piuttosto che della semplice attrazione turistica.

 

Il 14 maggio il ciclo di studi si è concluso con le “Indagini sulla Firenze longobarda” condotte dalla dottoressa Alice Mussini (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), che ha portato alla luce l’urgenza di uno studio sistematico, ormai mancante da decenni, sull’assetto urbanistico della città durante i secoli VI-VIII. Intrecciando i dati raccolti attraverso l’analisi delle fonti documentarie, dell’assetto viario attuale e dei risultati archimetrici delle campagne di scavo post-belliche, la dottoressa Mussini ha gettato le basi per un ampio studio volto alla ricomprensione dell’impatto che la dominazione longobarda ebbe sulla struttura della città, con particolare riferimento alla posizione delle mura pre-matildine e della distribuzione degli edifici chiesastici altomedievali. I risultati di questa ricerca sono stati inseriti in un processo di sviluppo di un’applicazione per telefoni di ultima generazione che fornisca all’utente la possibilità di una visita virtuale all’interno della Firenze longobarda, e che dovrebbe rendersi disponibile entro l’anno prossimo.

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